Il Percorso
MUSEO DELLA GUERRA
DURANTE GLI ANNI
DELLA GUERRA CIRCA
40.000 PERSONE
POPOLARONO I
SOTTERRANEI DELLA
CITTÀ

Durante la Seconda Guerra Mondiale, il sottosuolo di Napoli è stato ulteriormente modificato per ospitare la popolazione durante i bombardamenti.

Durante gli anni della guerra circa 40.000 persone popolarono i sotterranei della città, aspettando che il conflitto bellico consentisse il ritorno alla vita.

Ma la distruzione causata dalla guerra presentò uno scenario sconvolgente alla popolazione che abbandonò il ventre protettivo della città natale: i feroci bombardamenti avevano distrutto buona parte della città.

Anche nella dolorosa e faticosa ricostruzione di Napoli, il suo ventre vuoto ebbe la sua parte: la mancanza di mezzi di trasporto, fu risolta gettando i detriti negli antichi pozzi.

I cumuli di pezzi di tufo in cui era ridotta la città, venivano rigettati al suo interno, proprio da dove, nel corso dei secoli, erano venuti fuori.

Il substrato continuò ad essere usato come discarica e fino agli anni ottanta, la sua storia è stata sepolta dall’immondizia.

Solo grazie all’attività di alcuni volontari che decisero di ripulire le fondamenta della città, oggi Napoli può offrire un percorso sbalorditivo che, attraverso il tempo e la storia, consegna ai turisti un viaggio impossibile in altri luoghi.

Il Museo della Guerra di Napoli Sotterranea raccoglie e conserva documenti relativi al Secondo conflitto mondiale, tra cui materiali, oggetti e documenti relativi al periodo che va dal giugno 1940 a settembre 1943.

Alla fine della visita presso Napoli Sotterranea, i visitatori saranno condotti negli ambienti dedicati al Museo della Guerra.

Il passaggio attraverso il Museo rappresenta per i visitatori un’esperienza immersiva ed emozionante unica per il suo genere, un salto nel passato alla scoperta del tempo trascorso.

Da marzo 2008 il Museo della Guerra di Napoli si è impegnato nella raccolta e nella conservazione di documenti relativi al Secondo conflitto mondiale.

È possibile vedere l’esposizione dei materiali, oggetti e documenti relativi al periodo che va dal giugno 1940 a settembre 1943.

Nel 1940 si ebbero sull’Italia le prime incursioni aeree da parte degli inglesi che si sarebbero potute giustificare come reazione alla barbarie germanica dei violenti bombardamenti della Luftwaffe (la forza aerea tedesca).

Da fonti storiche ben accreditate sembra che il primo bombardamento notturno su obbiettivi non militari fu fatto dagli inglesi nel maggio 1940 sulla meravigliosa città di Friburgo.

Successivamente le incursioni proseguirono per tutto il 1940 sul Nord (industriale) e sui porti o installazioni militari (Napoli), ci fu poi un periodo di calma fino all’estate del 1942.

Nel marzo del 1943 un episodio ancora in parte misterioso, fu l’esplosione della Caterina Costa, una nave mercantile di 8.060 tonnellate.

La nave era ormeggiata nel porto presso la località definita Ponte della Maddalena e stava ultimando un carico di benzina, armi e munizioni per le truppe d’istanza a Biserta in Africa del Nord.

Il pomeriggio del 28 marzo 1943 qualcosa o qualcuno innescò un incendio che ben presto raggiunse le stive, un’esplosione apocalittica: la nave andò in mille pezzi, la deflagrazione lanciò tutto intorno detriti incendiati che provocarono crolli e devastazioni, parti della nave raggiunsero la collina del Vomero, Piazza Garibaldi, Piazza Carlo III, il Carmine ancora più lontano addirittura a Bagnoli.

Fu improvviso, repentino e violento, moltissime furono le vittime: 600 i morti e oltre 3000 feriti.

Tragiche e terrificanti le incursioni aeree ripresero dopo l’occupazione dei “possedimenti” italiani in Africa: non essendo più in grado di contrastarle, gli attacchi avvennero devastanti sulle città meridionali, prima da parte della RAF (Royal Air Force) poi dalla U.S.A.F (United States Air Force) per distruggere le linee di difesa tedesca, anche in previsione di uno sbarco alleato a Salerno.

Il 4 agosto 1943, Napoli fu colpita da alta quota con bombe incendiarie che provocarono la distruzione quasi totale della bellissima chiesa di trecentesca di Santa Chiara.

In totale la città subì 43 ore di bombardamenti con oltre 20.000 morti e l’80% degli edifici distrutti.

Storia delle Quattro Giornate di Napoli
di Franco Capuano
(Notizie tratte da “Cronistoria del 25 Aprile 1945” Feltrinelli, Milano)

Napoli era una città distrutta, svuotata, deserta ma indomita.

Infatti, il rastrellamento di circa 18.000 uomini da parte dei tedeschi per inviarli ai campi di lavoro, lo sgombero di tutta la fascia costiera, la sistematica distruzione di varie installazioni industriali portò all’insurrezione della città.

L’incredibile disposizione degli Alti Comandi Italiani ai pochi presidi rimasti: “Cercate di tergiversare, non irritate i tedeschi e trattate bene gli inglesi che stanno per arrivare”.

Nonostante il disordine esistente molti militari, ufficiali e soldati, insieme ai civili resistettero alle truppe germaniche costringendoli ad una vera e propria guerriglia.

In tutta la città, da Via S. Brigida a Palazzo Salerno, al tunnel della Vittoria e a Via Foria, da Porta Capuana al C.so Umberto in via Duomo, uomini, donne, ragazzi soldati e marinai diedero prova di eroismo in cento episodi di audacia.

La scintilla della rivolta aveva acceso gli animi, il professor Adolfo Omodeo il 1° settembre 1943 all’inaugurazione dell’anno accademico, rivolto agli uditori disse: “Studenti, in questo momento amaro, l’Università vi apre le braccia, i vostri maestri sono della generazione del Carso e del Piave”.

Il 13 settembre fu pubblicato il famigerato proclama del Comando tedesco a firma del Col. Scholl, vigeva dalla stessa data lo stato d’assedio: il coprifuoco dalle ore 20.00 alle ore 06.00, minacce di gravi ritorsioni sulla popolazione in caso di attacco alle forze germaniche, anche non armato, immediata fucilazione a chiunque fosse trovato in possesso di armi.

La rabbia dei tedeschi per il fallimento della chiamata al servizio obbligatorio fu espressa dall’ordinanza affissa in città il giorno 26 settembre, lo stesso Col. Scholl gridò al sabotaggio minacciando fucilazioni e deportazione immediata per gli inadempienti, infatti, su 4 sezioni della città risposero all’appello solo in 150 persone, mentre secondo lo stato civile avrebbero dovuto essere oltre 30.000.

Il giorno 27 settembre cominciò il rastrellamento, una vera e propria caccia all’uomo: le strade furono bloccate e tutti gli uomini, senza limiti di età, furono caricati a forza su camion per essere deportati.

Anche un fratello di mio padre fu rastrellato: aveva 12 anni. Ma arrivati in Piazza Carlo III, da buon napoletano, distraendo il soldato di guardia saltò dal camion dandosi alla fuga nei vicoli adiacenti.

Ormai per i napoletani non c’erano più alternative per sfuggire alla deportazione, dovevano combattere il giorno 28 alle prime ore dell’alba: armati alla meglio cominciarono i primi combattimenti. La notizia che un marinaio era stato freddato con un colpo di rivoltella, mentre si dissetava ad una fontanella fece scattare la molla dell’insurrezione;

alcuni giovanissimi assaltarono una camionetta di stanza in piazza Medaglie d’oro incendiandola e facendo prigionieri gli occupanti.

Così senza organizzazione e strategia il popolo insorse, in un’unica fiammata con la consapevolezza dell’inferiorità logistica ma con la certezza della vittoria, perché tutto era dettato dalla volontà popolare.

Così in quei giorni riapparirono ufficiali del Regio Esercito che si unirono alla lotta con esponenti di partiti antifascisti e ancora con loro artisti, scrittori, poeti.

In quei quattro concitati giorni Napoli offrì come olocausto centosessantotto dei suoi figli migliori, tra cui diciannove non identificati oltre un numero imprecisato di feriti.

All’alba del 1° ottobre 1943 le truppe tedesche abbandonarono la città, afflitti e scornati ma con la rabbiosa intenzione della rappresaglia; quando giunsero gli alleati trovarono una città prostrata per le sofferenze ma orgogliosamente libera.

Medaglia d’oro alla memoria:
Gennaro Capuozzo (12 anni), Filippo Illuminati (13 anni), Pasquale Formisano (17 anni) e Mario Meneghini (18 anni). Medaglie d’argento alla memoria Giuseppe Maenza, Giacomo Lettieri; medaglie d’argento ai capi della rivolta Antonino Tarsia, Stefano Fadda, Ezio Murolo, Giuseppe Sances; medaglia di bronzo a Maddalena Cerasuolo, Domenico Scognamiglio e Ciro Vasaturo.